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Estate e prova costume: cos’è il Bikini Blues

di Loredana Petrone

 

Donne, pronte per la spiaggia? Tutte noi, in questo periodo, sogniamo un corpo liscio e perfetto da esibire, ma purtroppo non è sempre così e l’appuntamento con la “prova bikini” può diventare fonte di ansia, disagio e a volte di stati depressivi. Tanto da poterla  definire “bikini-blues”,  un vero e proprio stato disforico, indotto dalla prova costume, che sembra attanagliare esclusivamente il sesso femminile.

 

Bikini Blues: cosa scatta nella mente di noi donne?

Quando, in maniera obbligata, come in questo periodo dell’anno, ci ritroviamo già proiettate verso le vacanze, che nella maggior parte dei casi fanno rima con mare, sole, spiaggia e costume da bagno scattano meccanismi psichici e comportamentali automatici. Ecco che “la prova costume” potrebbe gettarci nello sconforto, perché ci costringe a spogliarci davanti ad uno specchio e considerare il nostro corpo in modo impietoso: maniglie dell’amore sui fianchi, glutei poco tonici, pancetta e chi più ne ha, più ne metta.

Uno studio australiano, condotto da Marika Tiggemann e Rachel Andrew, della Flinders University di Adelaide, su un campione di 102 giovani donne, e pubblicato sulla rivista Sex Role, ha evidenziato un curioso meccanismo psicologico che spingerebbe noi donne a vivere con ansia, frustrazione e cattivo umore il momento della scelta del costume da bagno per l’estate. Nel cervello di noi femminucce quando dobbiamo scegliere un capo che ci mostri quasi nude davanti agli altri accade che ci “sdoppiamo”, separando la mente razionale dal corpo, dal quale prendiamo letteralmente le distanze per valutarlo come un oggetto distinto da noi, e quindi bersaglio di critiche ingenerose e spesso molto negative anche per l’effetto sull’autostima. Si chiama processo di auto-oggettivazione.

 

Cos’è l’auto-oggettivazione?

L’auto-oggettivazione è la tendenza a pensare a noi stesse come oggetti in funzione dello sguardo altrui, soprattutto quello maschile. L’auto-oggettivazione è il processo chiave mediante cui impariamo a pensare  a noi stesse come a oggetti del desiderio altrui. Si tratta, però, di una strategia che induce a focalizzare pensieri e comportamenti sull’aspetto fisico, sottraendoli ad altri possibili interessi. L’auto-oggettivazione scatena emozioni negative, fa diminuire le esperienze motivazionali di picco, riduce la consapevolezza degli stati interni. Questa catena di relazioni contribuisce alla diffusione degli stati depressivi, delle disfunzioni sessuali, dei disordini alimentari.

Nello specifico, in questo momento dell’anno l’auto-oggettivazione ci spinge ad essere sempre preoccupate di come ci vediamo, vergognandoci così del nostro corpo. Infatti, semplicemente immaginare di dover indossare il costume in spiaggia crea ansia e pensieri ossessivi  legati al proprio corpo tanto da determinare una vera e propria crisi depressiva.

La differenza tra questa sindrome e la normale paura di mettere in mostra il proprio corpo sta nel fatto che il più delle volte questo disturbo induce noi donne a rinunciare al mare, ai costumi da bagno e agli abiti estivi.

 

Cosa si può fare?

E’ bene cercare di focalizzare l’attenzione non sull’aspetto del nostro corpo, quanto sulla funzione, ad esempio, immaginandoci in attività piacevoli dell’estate, come andare in barca, giocare, passeggiare in compagnia, immaginarci mentre  stiamo bene e ci divertiamo. E infine, è importante non prendersi troppo sul serio. Buone vacanze a tutte noi!

 

 

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