È di questi giorni la notizia che l’ex caporal maggiore Salvatore Parolisi potrà chiedere permessi premio e uscire dal carcere milanese di Bollate, dove sta scontando la condanna definitiva a vent’anni per l’omicidio della moglie Melania Rea. Una possibilità che la legge concede ai detenuti che hanno scontato metà della pena e hanno mantenuto una buona condotta.
Partiamo dal presupposto che la famiglia Rea è meravigliosa, sono persone per bene e hanno sofferto e soffrono in silenzio. Ho seguito il primo grado di questa vicenda come loro consulente, quindi ho avuto modo di partecipare e seguire tutte le varie perizie, sono andata anche a fare un sopralluogo ulteriore dove è stata trovata Melania con il pool di parte civile. È stato molto impegnativo dal punto di vista emotivo seguire questa vicenda perché l’efferatezza con cui questa ragazza è stata uccisa è stata enorme, e vedere che il marito, nonché il suo assassino, non si è mai pentito, neanche per un attimo, di quello che ha fatto è veramente doloroso. Però, dobbiamo distinguere due aspetti: l’aspetto tecnico-giuridico da quello umano. Per l’aspetto tecnico-giuridico, lui tra poco avrà scontato la metà della pena, ha mantenuto una buona condotta e quindi, in base alle facilitazioni che vengono concesse dal nostro ordinamento giuridico, Parolisi potrà godere dei permessi premio e uscire dal carcere per un lavoro o per fare quello che vuole. Diverso invece è l’aspetto emotivo, perché per la famiglia Rea pensare che quest’uomo, dopo che ha massacrato la loro sorella, la loro figlia, mamma di una bambina, possa liberamente riprendere la sua vita come se non fosse successo nulla, colpisce. Mi confronto sempre con gli avvocati con i quali lavoro perché l’avvocato vede l’aspetto giuridico ed è il giusto atteggiamento professionale, ci sono leggi e norme da seguire, ma io al di là dell’aspetto professionale sempre presente, mi sento coinvolta di pancia, sono una persona che vive le cose anche dal punto di vista emotivo, e sinceramente, non posso non essere turbata al pensiero che Parolisi sia libero di riprendere la propria vita, mentre Melania non c’è più. Il vero ergastolo ce l’ha la famiglia, la loro sofferenza durerà tutta la vita.
Melania era innamorata di suo marito, hanno ritrovato i bigliettini d’amore che lei gli scriveva, gli aveva già perdonato diversi tradimenti e ha fatto di tutto per tenere insieme la sua famiglia, ma proprio questa è stata la sua condanna. Lui lavorava in una caserma dove c’erano plotoni femminili e aveva già tradito la povera Melania. Lei aveva scoperto in diverse circostanze questi tradimenti, anche quello con la ragazza con cui lui aveva una relazione più stabile, addirittura le due donne si erano anche sentite telefonicamente. Melania lo aveva perdonato, ma lui non aveva avuto il coraggio di dirle che questa storia continuava e andava avanti sempre di più. Il delitto è avvenuto poco prima di Pasqua e lui, durante questa festività, aveva appuntamento per conoscere i genitori della sua amante. Lui portava avanti in parallelo due vite, l’amante era convinta che avesse avviato le pratiche per la separazione e alla fine lui si è trovato strozzato, incuneato in questo imbuto emotivo fortissimo. Melania quel giorno maledetto forse ha scoperto tutto, oppure lui gli ha confessato di volersi separare. Per questa ragione sono usciti di casa e sono andati a litigare in questo luogo dove lei è stata ritrovata, ci dovrebbe essere stata una forte lite e lì è avvenuto l’omicidio. Dopo di che lui ha inscenato tutta una serie di depistaggi, bugie, sceneggiate che sono state, alla fine, tutte smascherate. Non ha avuto scampo poi nel processo, con una serie di consulenze tecniche che hanno stabilito l’epoca di morte, compatibile con l’orario in cui lui non era rintracciabile nemmeno con le celle telefoniche, e che hanno fatto emergere tante altre situazioni indiziarie a suo carico, come ad esempio la presenza del suo DNA sulle labbra e sugli incisivi della donna, e proprio in quel processo abbiamo dimostrato che il DNA, anche di un eventuale bacio non dura più di due minuti sulla bocca di persone in vita. Tutti questi elementi, convergenti verso la sua colpevolezza, hanno portato ad una condanna a trent’anni che è stata poi ridotta poi a vent’anni in Appello e confermata in Cassazione. La Corte d’Appello ha ritenuto di non voler contestare la crudeltà. Anche questa decisione rappresenta una dicotomia tra l’aspetto giuridico ed emotivo. Chi di noi può pensare che non sia crudele uccidere la propria moglie con 35 coltellate mentre la bambina di 2 anni è lì accanto in macchina? Il nostro ordinamento giuridico ha delle regole molto nette nello stabilire cosa sia la crudeltà, che è il desiderio cosciente di procurare sofferenza a una persona e quindi questo elemento in effetti, non è stato ravvisato nella modalità omicidiaria poiché considerato un delitto d’impeto. Sulle questioni giuridiche non vorrei entrare nel merito, in quanto non è il mio lavoro, però emotivamente è difficile accettare questa conclusione, ed è una cosa sconvolgente per una famiglia, che già soffre perché la pena è stata ridotta, pensare che adesso rischiano di incontrarlo per strada durante un permesso premio.
Ma ciò accade spesso quando ci sono casi ad esempio di stalking e di violenza sessuale: le donne denunciano, gli offender vengono fermati e magari vengono condannati ma poi dopo riescono ed il divieto di avvicinamento purtroppo serve a ben poco.
Pensiamo anche all’omicidio di Marco Vannini, un ragazzo di 20 anni che viene ucciso in una casa, in una famiglia che lui amava, quella della sua fidanzatina, e la persona che gli ha sparato e che ha ritardato l’assistenza sanitaria, di fatto facendolo morire perché non è stato soccorso per tempo, ha avuto una pena di cinque anni… c’è voluta la Cassazione per annullare la sentenza e ci sarà quindi un altro processo di appello dove speriamo questa famiglia possa avere giustizia.
Ci sono poi molti altri casi di persone che escono per buona condotta, come Rudy Guede, il ragazzo che ha ucciso Meredith Kercher. Lui esce tutti i giorni, ha un lavoro di ufficio in un centro di criminologia di Viterbo. Loro gli hanno curato l’immagine per tutto il periodo di detenzione e non entro nel merito della vicenda, ma lo cito per far capire che sono procedure che sono contemplate e regolate dal nostro ordinamento giuridico. È un condannato con sentenza passata in giudicato e ha scontato la sua pena, fino al punto di godere dei benefici previsti.
Questi sono episodi che la legge ritiene equi, ma da cittadini lasciano perplessi e confusi…