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E se Babbo Natale avesse il rossetto invece della barba?

di Maria Fabia Simone

“Perché Babbo Natale è maschio?”, ha chiesto qualche giorno fa mia nipote. Una semplice domanda arrivata da una mente che è ancora tutta da seminare, coltivare, far sbocciare, ma che mi ha offerto degli spunti di riflessione attorno a una questione su cui, devo ammetterlo, non mi ero mai interrogata fino a quel pomeriggio.

Sul momento, colta di sorpresa e a corto di una replica sensata, ho dribblato l’interrogativo, bloccando sul nascere una risposta che, d’istinto, stava prendendo forma sulla mia bocca: “Mamma Natale aspetta Babbo Natale a casa, si occupa di cucinare e di nutrire le renne”.  A riprova che gli stereotipi di genere lascino dei residui anche in persone che, come me, ritengono di esserne immuni.

Non mi soffermerò su cosa implichi trovarsi di fronte a una bambina di sette anni che, inconsciamente, ha messo in discussione una tradizione secolare, contemporaneamente riflesso di una cultura maschilista. Infatti questa domanda si trascina dietro una verità ormai nota: i preconcetti sessisti attecchiscono fin dall’infanzia e si nascondono anche dietro figure da sempre tramandate, senza mai essere state oggetto di una rivisitazione in chiave moderna.

Invece proverò io, una donna, a essere Mamma Natale, spodestando l’ormai incontestato signore con il cappello rosso e gli occhialini tondi: raccoglierò e leggerò le lettere dei bambini, costruirò i giocattoli richiesti, guiderò la slitta con le renne, scenderò dai camini e lascerò i doni sotto gli alberi addobbati nelle case sparse per il mondo.

Immagino già la reazione di tutti, bambini e adulti, uomini e donne, che si mostreranno scettici nell’apprendere che quest’anno, al posto del solito Babbo Natale panzuto e con il naso grosso, a occuparsi di tutto ci sarà Mamma Natale. E che invece della barba bianca, avrà una lunga e folta chioma nera, il rossetto e gli stivali di pelle.

Cosa si materializzerà immediatamente nella mente di ognuno? Una Mamma Natale con la testa infilata in cassetti e ante dell’armadio, alla ricerca dell’abito giusto, con la trousse dagli ombretti glitterati e la piastra attaccata alla presa del bagno; con gli ormoni impazziti perché la consegna dei regali coincide proprio con i giorni del ciclo o magari con una gravidanza in corso; con i piedi doloranti per via dei tacchi o la schiena bloccata per il peso dei regali. Oppure persa nella vastità del firmamento, perché una donna alla guida, di qualsiasi mezzo, è pur sempre un pericolo, figuriamoci se deve portare in giro una slitta trainata dalle renne.

Confessatelo, queste sono le prime immagini che vi vengono in mente di fronte alla richiesta di accantonare il solito Babbo Natale e di attribuirgli delle sembianze femminili.

Allora leggiamoli insieme, uno per uno, questi possibili scenari e poi chiediamoci se non basti davvero poco, a volte, per liberare i nostri pensieri dai nodi dei pregiudizi.

Cosa mi metto?

Armadio spalancato, vestiti alla rinfusa sul letto e la frase che echeggia nella camera come un disco rotto: “Non ho nulla da mettere!”.

Indossa, togli, rimetti, riprova davanti allo specchio del bagno, della camera e del salone, zip su, zip incastrata, cerniera giù, respiro trattenuto, pancia dentro, cerniera di nuovo su, slip a prova di maniglie dell’amore, reggiseno contenitivo, reggiseno rinforzato, gonna, vestito, longuette, jeans, tacchi bassi, tacchi alti.

Dopo ore di prove estenuanti, come andrà a finire? Opterà per la gonna e décolleté dorati con trampoli incorporati, direte voi, sicuri della vanità storicamente a tinta rosa. E invece la razionalità prenderà il sopravvento e la scelta ricadrà su un completo rosso, giacca e pantaloni, e su un paio di stivaletti di pelle nera, stringati e con tacco largo.

Per essere all’altezza dell’uomo di turno, alias Babbo Natale? No, per semplice comodità.

Check del calendario: oddio, ho il ciclo!

26, 27, 28… Ecco, lo sapevo. Dovrò partire in giro per il mondo con il ciclo, avrò una fame chimica che mi verrà voglia di mangiarmi pure le mie renne e il mio umore subirà degli sbalzi che il jet lag, in confronto, avrà l’effetto di una doppia camomilla.

Per non parlare del mal di pancia, del mal di testa, del mal di reni e del solito brufolo che si piazzerà in mezzo alla fronte, o sul mento, o peggio ancora, vicino agli angoli della bocca: mai che scelga un’uscita meno plateale, accomodandosi, che ne so, dietro l’orecchio. Mai.

Certo, per i sintomi fisici basta una bella compressa, un ottimo fondotinta e tutto passa. Ma per il mio umore variabile peggio del cielo d’Irlanda non c’è rimedio.

Sarà intrattabile, starete pensando con gli occhi al cielo. “A Natale non si è più empatici?”, vi domando invece io.

Lo ammetto, le probabilità che la vostra ipotesi si verifichi sono alte, ma la colpa – non dimenticatevelo – non è imputabile alla mia volontà.  La causa risiede negli ormoni. Quelli che sono stati regalati a noi donne da Madre Natura, in formato maxi confezione e non restituibile. Gli stessi che sono repellenti alle lamentele di qualche bambino o di qualche adulto insoddisfatto.

Per fortuna questo lavoro non prevede contatti diretti con il pubblico e gli effetti collaterali degli ormoni non saranno visibili. Anche perché temo che nemmeno dalle mamme mi arriverebbe solidarietà e comprensione: io le donne proprio non le capisco, eppure condividiamo lo stesso fardello ogni mese!

Il turno festivo e il sesto mese di gravidanza (scenario alternativo)

La notizia buona è che non avrò il ciclo. La pancia mi renderà esteticamente più simile al mio collega versione maschile – ci starà bene la cintura sul mio ventre arrotondato -, ma renderà tutto più complicato. La nausea è svanita da tempo, ma le caviglie gonfie e queste tette ingombranti non mi aiutano.

Pensavate tutti che sarei andata in congedo maternità prima del previsto e già pregustavate la chiamata dell’ultimo minuto al Babbo Natale di turno, pronto a rilanciare la petizione per cancellare la legge che ha sancito l’ingresso delle donne nella “Confraternita dei Santa Claus”.

E invece no, non avendo una gravidanza a rischio, posso svolgere benissimo le mansioni di Babbo Natale, anche se nella pancia ho un piccolo elfo in arrivo. Per il congedo ho ancora un po’ di tempo e resisterò fino all’ultimo giorno previsto dalla normativa.

Basterà per riottenere di nuovo questo incarico il prossimo Natale?

Alla guida della slitta con le renne

Non sono mai salita su una slitta e Babbo Natale non si è mai offerto di insegnarmi a condurla. E anche se glielo avessi chiesto, temo che mi avrebbe ostacolata, snocciolando la solita frase “Donna al volante, pericolo costante”, magari seguita da una fragorosa risata condivisa dagli altri maschietti della Confraternita e del villaggio.

“Farà un pasticcio!”. Lo so che già mi vedete sbagliare strada e trascinata dalle renne impazzite, su e giù per il cielo. Invece io non vi concederò la soddisfazione di esclamare “lo sapevamo che sarebbe andata a finire così”: proverò e riproverò, a costo di non dormire la notte, di leggermi tutti i manuali d’istruzione e di lavorare il doppio delle ore previste e retribuite. Alla fine sarò capace di guidare le renne meglio di Babbo Natale, anche se lui non lo ammetterà mai.

Non potrò contare sulle sue stesse mani grosse e vigorose, ma educherò le renne ricorrendo alle parole e insegnerò loro ad ascoltarmi.

Per essere dei bravi condottieri non serve sempre e solo la forza sprigionata da un corpo.

La sostenibile pesantezza dei regali.

Non ho il vigore di quel barbuto di Babbo Natale, di questo ne sono consapevole, e potrei avere qualche difficoltà nel trasportare tutti i pacchetti. Ma mi sono arrovellata il cervello: farò costruire e incorporare nella slitta un piccolo montacarichi. Così non avrò nemmeno il problema di dover entrare in quegli stretti comignoli.

Voi siete proprio sicuri che Babbo Natale, con quel pancione, riesca a scivolare lungo le canne fumarie? Io qualche dubbio ce l’ho e un’idea me la sono anche fatta: nel suo sacco nasconde un umile e fedele elfo…

Ma Babbo Natale racconterà sempre un ‘altra storia…

Babbo Natale incontra qualche difficoltà in meno nel portare a termine la sua missione, ma Mamma Natale, con tutte le complessità che sono proprie della natura femminile – riconoscerle significa accettare la diversità uomo – donna, evitando di demonizzare le caratteristiche di ciascuno dei due sessi -, non sarebbe da meno. Basterebbe concederle una possibilità, senza lasciarsi condizionare da atavici retaggi culturali.

Da quest’anno, la prossima volta che un bambino mi chiederà perché Babbo Natale è maschio, le rivelerò l’esistenza di Mamma Natale.

La fantasia, come il mondo reale, ha bisogno di andare oltre le barriere tinte di rosa e di azzurro.

 

 

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