Il coniglio sentimentale è sempre esistito. Ognuna di noi può annoverarlo nel proprio curriculum relazionale anche prima dell’avvento di Internet. E se c’è qualche esemplare di donna sfuggita all’uomo disperso nella curva spazio-tempo, si faccia avanti e sveli a tutte noi il suo segreto.
Ma chi è il vigliacco emotivo? È il maschio che, dopo grandi promesse o semplicemente dopo una frequentazione fatta di cinema, parole dolci e passione, ci ha salutate con un “ti chiamo domani” per poi dissolversi nel nulla: una figura sbiadita e finita chissà dove, senza una parola.
E gli uomini osano ancora dire “Io le donne non le capisco”?
Prima dell’esplosione del Web, il maschio fantasma poteva contare sul progressivo oblio e sulle difficoltà di essere rintracciato. Anche se bisogna ammetterlo: una donna ferita nell’orgoglio – e un partner che sparisce dopo averti detto “ci sentiamo dopo” è un grattacapo femminile peggiore della cellulite – è capace di verificare indirizzi, mail e numeri di telefono che spuntano da una ricerca Google, per stanare il codardo di turno e fargli una semplice domanda: “Perché?”.
Già, perché un uomo – anche se pare che questa sindrome sia talmente contagiosa da aver intaccato pure l’universo femminile – sceglie di svanire nel nulla, senza concedere all’altra persona un momento di confronto, una spiegazione che possa aiutarla a comprendere, a elaborare la rottura e ripartire, lasciandosi la delusione alle spalle? Si può arrivare, dall’oggi al domani, a chiudere un qualsiasi rapporto con il metodo del “me ne vado senza dire nulla?
A quanto pare sì e la tecnologia è venuta in soccorso di chi fa di questo comportamento una vera filosofia relazionale: è sufficiente bloccare il numero su Whatsapp, fingere di non aver mai ricevuto un messaggio o leggerlo senza preoccuparsi nemmeno di rispondere, lasciando che quella spunta blu trascini l’altro in un vortice di domande e incertezze. Perché quel silenzio dice molto: non sei degna nemmeno di una risposta. Ed è la mancata consapevolezza del nostro valore, che non dovrebbe essere in nessun caso determinato da un altro individuo, che ci porta a non vedere la pochezza di un uomo che non sa andare oltre il proprio ego e che ha bisogno di alimentare le insicurezze altrui per sentirsi importante. Perché quel sottrarsi alla responsabilità di una spiegazione è, almeno ai suoi occhi, un’affermazione di superiorità: io valgo molto più di te.
L’autostima quindi traballa, facendoci perdere la capacità di vedere un comportamento del genere per ciò che è, ossia un atto di vigliaccheria e mancanza di rispetto, spingendoci a darci una serie di giustificazioni che nemmeno Walt Disney sarebbe stato in grado di creare: è morto il suo animale domestico e si deve riprendere dalla perdita; si è rotto una mano e non può digitare alcuna frase sulla tastiera dello smartphone (ma esiste il dettatore vocale, ci dice l’amica di turno, ma noi abbiamo la risposta pronta: nella caduta gli è andata via la voce in seguito al trauma); gli hanno rubato il telefono o peggio ancora, lo hanno sequestrato e ha bisogno di essere salvato.
Poi ci sono le scusanti ancora più fantasiose
- Si è spaventato per qualcosa che abbiamo osato dire, tipo prendiamoci un gelato sotto casa mia. È stato troppo, la parola “casa” deve avergli evocato le ipotesi di matrimonio, figli, sabato e domenica al centro commerciale. Oppure deve essere stato quando, invece di sgattaiolare dalle coperte alle due di notte, gli abbiamo proposto di fermarsi a dormire: il terrore di ritrovarsi faccia a faccia con noi la mattina seguente, davanti a una colazione in stile pubblicità del Mulino Bianco, lo ha spinto a intraprendere la traversata dell’oceano. E lì, si sa, non c’è rete.
- Sta riflettendo su cosa rispondermi. Ecco, in quei casi la riflessione è lunga e lo conduce in giro tra i monaci buddhisti, a interrogarsi su se stesso, sul senso dell’amore e della vita. Chissà, magari lo porta a diventare anche lui monaco perché quella risposta tarda ad arrivare. Anzi, non arriva mai. Resta intrappolata in qualche meandro della mente. Però della nostra, non della sua: lui è già pronto a prendersi un drink con un’altra, mentre noi ci siamo messe a setacciare ogni suo profilo pubblico, lo stato Whatsapp e perfino il Curriculum Vitae: la spiegazione potrebbe nascondersi lì, negli impegni lavorativi, che gli impediscono di farsi vivo.
Insomma vaghiamo tra i social e Google – anche nella sezione “notizie”, non si mai, potrebbe essere tra le vittime di un incidente o il protagonista di un atto eroico –, alla ricerca di un indizio, di una spiegazione, di un piccolissimo segno che ci indichi la ragione della sua scomparsa.
Alcuni anni fa una mia conoscente mi raccontò di avere avuto una storia a distanza durata otto mesi. I due innamorati si vedevano ogni fine settimana, sembrava che tutto filasse liscio, anche perché la relazione era cominciata dopo un serrato corteggiamento proprio da parte del temerario maschio. Volete sapere com’è finita? L’ultima volta che l’ha sentito era in procinto di imbarcarsi sull’aereo che l’avrebbe condotto proprio da lei. O almeno era quello che aveva scritto in un SMS, accompagnato da un bel “ti amo” finale. Poi il nulla… L’aereo è probabilmente finito su Marte mentre la povera malcapitata è rimasta per tre giorni, stile cantante Giusy Ferreri nel celebre video, con la tavola apparecchiata con candele e fiori, il pollo nel forno e i piedi doloranti a causa delle scarpe tacco dodici indossate in attesa dell’arrivo di Ulisse. Invano.
Il mistero è ancora oggi irrisolto.
Ammettiamolo: un comportamento del genere lascia un segno in chiunque e minerebbe anche l’autostima di Charlize Theron: è un rifiuto senza appello che lascia solo dubbi, domande e incertezze. È una chiusura che produce un estenuante monologo con se stessi mentre qualsiasi rapporto si dovrebbe basare su un dialogo. Ciò però presuppone che dall’altra parte ci sia una persona emotivamente matura e in grado di assumersi la responsabilità di un distacco o di una scelta, non un ghost.
Eppure se esistesse la possibilità di fare delle denunce di “scomparse sentimentali”, credo che oggi ci si troverebbe di fronte a cifre considerevoli.
Ma non è tutto. Questa nuova tendenza ha subito un’”evoluzione: il cosiddetto orbiting, che consiste nel conservare un legame, seppur sottile, con qualcuno che non si ha più interesse a frequentare. E a cui non ne è stata comunicata la ragione, ça va sans dire. Insomma, il lui di turno scompare, ma mette cuoricini alle nostre foto, guarda le nostre storie o commenta ogni tanto i nostri post, solo per ricordarci della sua esistenza. E soprattutto per tenerci lì, in sospeso, per quando avrà voglia di trascorrere una serata diversa o semplicemente per nutrire ancora una volta il suo ego. Ingombrante e continuamente affamato di “strumenti di affermazione della propria importanza”.
Ecco, questi sono i vigliacchi sentimentali contro cui ci si può difendere in un modo solo: escludendoli completamente dalla propria vita, non permettendo loro di trasformarci in meri oggetti il cui valore dipende dalla loro considerazione.
Qualsiasi relazione richiede la volontà di confrontarsi anche su questioni spiacevoli o potenzialmente dolorose. Il ghosting o l’orbiting sono scelte che non comportano nessuna conseguenza per chi li pratica, ma procurano sofferenza invece in chi li subisce.
I social, è vero, facilitano questi comportamenti, ma allo stesso tempo ci
offrono la possibilità di utilizzarli per difenderci: basta un click. Quindi, la
prossima volta che ci troviamo di fronte a un coniglio sentimentale, fuggiamo
nella direzione opposta alla sua, lasciandolo da solo con i resti delle sue
insicurezze.