“Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? O mia regina, tu sei bella, al di là dei monti e dei piani presso i Sette Nani, Biancaneve è più bella di te”.
(Bianca Neve e i Sette Nani, Grimm)
Spesso noi donne scivoliamo in rapporti di competizione sfrenata, dove l’obiettivo è primeggiare ad ogni costo. Perché arriviamo ad invidiare, scavalcare, competere, essere gelose di un’altra donna?
Da un punto di vista psicologico l’invidia nasce da un senso di impotenza, per lo più inconscio, che fa percepire uno stato di inadeguatezza e di indegnità rispetto agli altri. La reazione della invidiosa, che rimane al livello inconscio, consiste nell’aver bisogno di neutralizzare l’altra che mostra di essere felice.
In chiave psicoanalitica la favola di Biancaneve è l’espressione ben riuscita dell’invidia femminile: una donna bellissima, dotata di poteri straordinari, con un intero regno ai suoi piedi, non riesce a godere della sua immensa fortuna al punto che sente il bisogno di perseguitare una povera fanciulla orfana, di cui invidia la bellezza e l’innocenza.
L’invidia non consiste tanto nel desiderare un oggetto dell’altro, in questo caso la bellezza, ma nel provare fastidio di fronte alla felicità dell’altro. È come se l’invidiosa si chiedesse: “ma com’è possibile che lei, che ai miei occhi non ha valore, sia così felice e amata da tutti?”.
Nella sua forma più distruttiva, quindi, l’invidia non è emulazione dell’altro, ma è desiderio di distruggere ciò che non si può avere, come appunto fa la strega nei confronti di Biancaneve. La strega non desidera ottenere una bellezza pari a quella della fanciulla, ma portargliela via. Si tratta di un sentimento devastante, che travolge e rovina la vita della invidiosa.
Possiamo far risalire a Sigmund Freud la prima elaborazione del concetto di invidia. Nella teoria del complesso edipico negativo, il bambino prova invidia per la femminilità e la sua capacità generativa. Anche Melanie Klein, nello scritto “Invidia e gratitudine”, ritiene che l’invidia sia uno degli affetti più precoci e fondamentali che turba la vita dell’individuo. Lo psicoanalista Adler afferma che il senso di inferiorità dà origine a sforzi per raggiungere la sicurezza psicologica che non può prescindere da un’autoaffermazione spesso livorosa.
Per tal motivo, chi ha un complesso di inferiorità, spende la vita nello “sforzo di valere” per trovare compensazione alle proprie insoddisfazioni e complessi ma questo può assumere anche la forma di “supercompensazione” a carattere patologico. Distruggere e deturpare equivale quindi a una manifestazione palese dell’invidia e a una difesa contro la sofferenza di sapere di non poter possedere tali qualità.
Qual è il “genere” dell’invidia?
Purtroppo, l’invidia è innanzitutto donna; l’aggressività che si sviluppa tra donne infatti è diversa da quella che si instaura fra uomini. Le donne competono quasi esclusivamente fra loro ed è probabilmente quest’eterna lotta che ha generato questo sentimento prevalentemente femminile. Tutto ciò naturalmente ha origini antichissime; se consideriamo che, per migliaia di anni, nelle società patriarcali erano le donne ad essere scelte dall’uomo e la più “fortunata” si aggiudicava il migliore del gruppo, è facile intuire come si sia sviluppato questo fastidioso sentimento. Oggi, almeno apparentemente, le cose sono cambiate; tuttavia, nei rapporti di amicizia fra donne, continua spesso a far capolino l’invidia, che finisce quasi sempre per rovinare le giornate e per distruggere complicità e fiducia al femminile.
Come difendersi da un’amica invidiosa?
1) Prendersi una “pausa” per ristabilire gli equilibri. Molto spesso l’invidia nasce e cresce all’interno di quelle amicizie particolarmente strette, in cui si viene a creare una dinamica di tipo simbiotica; ecco che, in queste situazioni, è sufficiente che una delle due realizzi un maggior successo in qualcosa, che l’altra inizierà a domandarsi cosa ha in meno e quindi a sviluppare un’ostilità nei confronti dell’amica. Soprattutto in questi casi dunque, ma è una regola applicabile a qualsiasi tipo di rapporto, un po’ di sana distanza spesso risolve le ostilità e aiuta a riequilibrare la percezione che si ha dell’altro.
2) Non cadere nella trappola dell’”occhio per occhio”. Se a uno sgarbo si risponde con una scorrettezza, è evidente che si finirà, prima o poi, per litigare furiosamente, farsele di tutti i colori e rompere ogni rapporto; proprio per questo bisogna evitare di cedere alle provocazioni dell’amica invidiosa, così come è importante evitare di stuzzicare platealmente un’amica che non ci va più a genio. L’educazione è un principio a cui non bisognerebbe mai sottrarsi, perché è quello che ci permetterà sempre di andare in giro a testa alta.
3) Chiarire, ironizzando. Confessare con un sorriso ad un’amica che siamo un po’ invidiose del suo bellissimo e ricchissimo fidanzato ci renderà, ai suoi occhi e ai nostri, delle donne forti e “vincenti”, perché nulla è più disarmante della sincerità. La stessa cosa naturalmente vale anche al contrario; se riuscirete, con una battuta, a far intendere alla vostra amica che avete capito che invidia il vostro successo professionale ma che la cosa non vi turba più di tanto perché in fondo si tratta di un sentimento “umano”, avrete probabilmente rafforzato la vostra amicizia ed evitato di perdere tempo in discussioni odiose.
E se scoprissimo di essere invidiose?
Il lato positivo della medaglia è che se riconoscessimo questo sentimento, potremmo capire cosa ci manca, focalizzandoci sugli aspetti di noi (e della nostra vita) che vorremmo cambiare. Come dire, esiste anche un rovescio buono dell’invidia, se abbiamo l’onestà di accettarla e farla passare. E’ importante provare a fare un passo verso noi stesse, piuttosto che verso la persona che ci ha provocato tale sentimento. Bisogna anche dire che a volte abbiamo degli standard che vorremmo raggiungere troppo alti e spesso facciamo fatica ad accettare i nostri limiti. Ecco che allora l’invidia può essere una bella opportunità anche per capire come siamo fatte ed essere più dolci verso noi stesse, abbassando alcune pretese inutili e concentrandoci sul potenziamento di altre nostre abilità e risorse rimaste sopite.