Ieri sera, alla vigilia della partita del Cuore che si giocherà questa sera a Torino e trasmessa per la prima volta da Mediaset, è andato in scena un episodio anacronistico. Perché? Perché Aurora Leone, dei The Jackal, è stata allontanata dal direttore generale della Nazionale cantanti, Gianluca Pecchini, durante la cena ufficiale del match Nazionale cantanti e Campioni di Ricerca in quanto DONNA. Avete letto bene, è stata cacciata perché donna. L’attrice racconta tutto nelle sue stories. Non solo, ma Aurora e Ciro Priello hanno comunque protestato sottolineando il fatto che le era stato spiegato che Aurora non poteva rimanere a quel tavolo perché donna. La risposta dell’interlocutore è stata netta: “Vabbè ma tu mica giochi, tu sei qui come accompagnatrice‘” Aurora ha provato a spiegare: “Ho risposto che ho la convocazione stampata e mi hanno chiesto la taglia dei completini”. L’ultima risposta ha fatto raggelare i due protagonisti della vicenda: “I completini te li metti in tribuna, da quando in qua le donne giocano?”.
Beh vorremmo rammentare all’interlocutore che non solo le donne giocano, ma hanno anche arbitrato competizioni importanti come Euro 2020, o come nel caso di Maria Marotta, arbitro della sezione di Sapri, è stata la prima donna chiamata ad arbitrare una partita di serie B.
È bizzarro poi che proprio nel 2019 siano stati erogati 50.400 euro da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Pari Opportunità alla Nazionale cantanti a sostegno di una cultura contro la violenza sulle donne.
Parliamo di una storia fuori dal mondo e dal tempo, ma quella di oggi è una opportunità da cogliere. Perché se vogliamo dare un segnale forte contro la discriminazione, misoginia o maschilismo, oggi bisogna fare qualcosa, probabilmente non si dovrebbe giocare l’incontro per dare, una volta, seguito alle parole. Perché se così non dovesse essere ci troveremmo nella classica situazione che caratterizza questi episodi: con le parole o con i milioni di Tweet ci riempiamo sempre la bocca ma davanti ai fatti c’è sempre un motivo per non agire. È vero, c’è la questione della beneficienza e della ricerca sul cancro, ma siamo sicuri che giocare questa sfida potrebbe veramente beneficiare alla ricerca?