Cosa vi aspettate dai prossimi mesi? Cosa cambierà ora che piano piano si torna alla normalità? Come pensate di affrontare i tempi che verranno? Progetti? Paure?
È questo il tema su cui ci siamo interrogati questa settimana sulla nostra pagina Facebook di Io le donne non le capisco, ed è ciò di cui abbiamo discusso insieme a Antonia Liskova e Emanuela Aureli.
Lunedì è andato in onda su Rai1 il film “Basta un paio di baffi” con Antonia Liskova come protagonista. L’attrice ci racconta che “è stato divertente girare questo film ma al contempo è stato tosto perché lo abbiamo fatto ad agosto a Bari. Potete immaginare il caldo! Da uomo ho rimorchiato tanto, la verità è che noi donne fatichiamo ad avere il tifo. Quello femminile è talmente forte, siamo agguerrite nel sostenere un uomo, abbiamo un’adorazione verso gli uomini famosi che l’uomo non ha verso le donne famose perché dopo un po’ molla. Nel film emerge un aspetto legato alla coppia: c’è sempre chi è più sicuro e l’altro subisce il successo, c’è chi per elevare se stesso deve inevitabilmente affossare l’altro, dietro questo comportamento ci trovo una forte insicurezza di fondo. Per un uomo è più difficile avere una donna di successo accanto che il contrario.
L’amore non ha forma è il contenuto che conta, la sostanza e non la forma. La differenza tra innamoramento e amore la capisci solo quando finisce. Durante l’innamoramento si possono fare dei danni irreparabile. Cosa guardo in un uomo?Non ho mai avuto criteri, sono sempre caduta dentro le cose, nell’uomo mi deve piacere tutto, dalla voce alla risata, da come la pensa. Mi deve piacere il senso della responsabilità perché io lo sono molto. Mi deve far ridere, lo diciamo sempre, ma per me è fondamentale e deve esserci quando sto per cadere. Mia nonna mi diceva sempre di non fidarsi mai completamente di una persona ma di cercare di mantenere una propria indipendenza. Con tutto quello che è successo io ho rivalutato molto la mia vita, le priorità sono cambiate”.
“Il risvolto negativo del mio mestiere è dover apparire – continua Antonia -, amo fare l’attrice ma poi tutto quello che c’è dopo è molto faticoso perché sono una persona estremamente timida e riservata. È l’approccio personale che devo superare, il ruolo si può permettere di fare e dire qualunque cosa e viene giudicato come tale. Quando salgo sul palco e non devo recitare mi tremano le mani, ho poco da raccontare, faccio una vita normale e noiosa.
Il mio lavoro è altalenante, ci sono periodi intensi e periodi fermi, per questo non riesco a dire ce l’ho fatta. Nessuno mi ha regalato niente, e venendo da una condizione di vita precaria mi rendo conto di quanto sia effimera la condizione dell’essere umano, si può perdere tutto in ogni istante. Ho voluto far crescere mia figlia con principi innovativi, ho cercato di sradicare tutti i cliché, oggi mia figlia è una donna indipendente. Quello che volevo fare era crescere un essere umano che la pensasse in modo suo, questo è stato l’unico momento nel quale ho pensato di avercela fatta”.
Per Emanuela Aureli “stiamo riassaporando un po’ di normalità, speriamo che questa sia una opportunità di tornare a rivivere la vita. Riprenderanno anche gli spettacoli, la prossima settimana infatti ho due serate in teatro a Ravenna. Avere un uomo accanto che ti sostenga è importantissimo. Cosa mi colpisce in un uomo? In mio marito mi ha colpito il fatto che sia una persona concreta, mi riporta sempre sulla terra. In lui ho visto un uomo profondo che guarda nella mia stessa direzione, che non è geloso di quello che amo, anzi amplifica la mia anima. Per me la felicità è un letto matrimoniale e non singolo, bisogna star bene con se stessi ma va anche condivisa”.
La nostra psicoterapeuta Loredana Petrone, in merito all’amore che non ha forma, ci spiega che “noi viviamo in un mondo di stereotipi e siamo abituati a dare etichette però in una dimensione di consapevolezza l’amore non ha sesso ed è fluido. Può capitare di innamorarsi di una persona dello stesso sesso. L’innamoramento è considerato un percorso a termine, e spesso sbagliamo a sovrapporlo all’amore. Nell’amore c’è un progetto di vita da condividere e si perdono alcune caratteristiche come la passionalità. L’innamoramento è considerato una malattia e dura al massimo 3 anni, poi o si trasforma o si capisce che è stato un percorso dove non c’è più corrispondenza”.