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AMNIOCENTESI ADDIO

di Marina Baldi

Ogni anno nel nostro Paese sono circa 500.000 nascite ed a circa il 10% di esse, poiché relative a donne al di sopra dei 35 anni di età, viene offerta la diagnosi citogenetica prenatale finalizzata al controllo della sindrome di Down e delle altre sindromi da anomalie cromosomiche. Tuttavia, poiché il prelievo necessario per questa diagnosi, la villocentesi o l’amniocentesi, si associa ad un rischio di aborto valutabile intorno allo 0,5%, lo screening citogenetico prenatale di massa non è proponibile e ciò ha stimolato la ricerca di nuove metodologie non invasive da utilizzare nella diagnosi prenatale di queste malattie.
La presenza di cellule fetali dal sangue materno fu prospettata già alla fine degli anni ‘60, quando alcuni scienziati riportarono nella letteratura specialistica la presenza nel corso della gravidanza, di cellule in cui era presente il cromosoma Y, che è caratteristico degli individui di sesso maschile, in campioni ematici prelevati alla mamma in gravidanza. Da allora numerosi gruppi di studiosi hanno rivolto la loro attenzione al reperimento e allo studio di questo materiale fetale che si trovava in circolo insieme al sangue materno. Dopo il primo periodo in cui si studiarono le cellule fetali vere e proprie, l’attenzione si rivolse al DNA fetale libero che si trova nel circolo ematico materno che, pur essendo presente in piccolissime quantità, è facilmente distinguibile, perché ha caratteristiche che per il 50% derivano dal papà.

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E finalmente ci siamo! Recentemente, dopo lunga sperimentazione, è stata messa a punto una analisi, la cosiddetta NIPT (Non Invasive Prenatal Testing) che, proprio mediante l’analisi del DNA fetale che deriva dalla placenta e che viene riversato nel sangue materno, consente di diagnosticare le trisomie cromosomiche, come ad esempio la trisomia 21, che è la più frequente e meglio conosciuta come sindrome di Down, la trisomia 13 e la trisomia 18, oltre che le anomalie strutturali di tutti i cromosomi.
Questa analisi è decisamente più accurata del semplice bitest, che fino ad oggi era l’unica analisi possibile da sangue materno ma che è solo un test indiretto e con valenza di tipo statistico, in quanto non analizza materiale che proviene direttamente dal feto. La capacità predittiva arriva fino al 99% ed è indicata in tutti quei casi in cui la coppia non vuole correre il rischio seppur minimo che comporta un prelievo invasivo.
Il test è disponibile in Italia da qualche anno ma solo recentemente sta avendo una diffusione così vasta da aver superato numericamente la più famosa amniocentesi. Il test, va comunque accompagnato da una accurata consulenza genetica che illustri alla coppia tutti gli aspetti dell’esame e che accompagni i futuri genitori nella scelta del test migliore per loro.

di Marina Baldi

Genetista

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