Home Lei e luiCoppia e Famiglia Omicidio del piccolo Matias: quando un padre uccide il proprio figlio per punire la ex moglie

Omicidio del piccolo Matias: quando un padre uccide il proprio figlio per punire la ex moglie

di Marina Baldi

Come si può ferire  a morte senza uccidere una persona che si odia? Quale è la tragedia più grande per una donna, quella che ti annienta e che ti condanna a continuare a vivere nel dolore più assoluto come se si bruciasse nella sofferenza ogni secondo della propria vita? E’ facile, se quella donna è una madre, basta farla sopravvivere ad un figlio. E ancora di più se questo figlio viene ucciso con una coltellata alla gola, solo per distruggerne la madre.

Matias ha aperto la porta al suo papà, che, uscito  dall’ospedale dove era ricoverato perché positivo al Covid, è corso a casa della sua ex e la ha punita nel modo peggiore e più duraturo, condannandola alla peggiore sofferenza. Ha ucciso Matias, lo ha ferito a morte, tagliandogli la gola, ha ucciso un bambino di 10 anni che si fidava di lui, incapace di capire la crudeltà umana e che gli ha aperto la porta di casa.

 

Questo episodio, come tanti, troppi altri episodi ormai diventati quotidiani, deve farci capire, deve far capire alle istituzioni che è il momento di fare qualcosa di concreto. Il divieto di avvicinamento si è rivelato un dispositivo totalmente inutile, non costituisce un deterrente e, a mio parere, serve solo ad aumentare la rabbia ed il rancore nei confronti della partner che viene vista come “l’oggetto” da distruggere. La crisi della famiglia assume contorni mostruosi, non si tollera più l’autonomia dalla partner, non è concepibile che ci si possa rifare una vita e che si tenti di conquistare frammenti di serenità. La violenza diviene l’unica arma contro la quale non ci si può difendere e che da’ la sensazione, a questi psicopatici, di avere il controllo estremo sull’altro.

Si tenta di trovare un equilibrio fra la tutela della vittima del maltrattante  e la volontà di non limitare eccessivamente la libertà di movimento delle persone, seppur indagati. Tale aspetto fa sì che molti provvedimenti, presi in tutela della vittima, siano annullati proprio perché troppo coercitivi per il maltrattante. Si tenta quindi di stabilire una distanza che deve essere mantenuta dal persecutore nei confronti della vittima o talvolta si definiscono  luoghi che sono inibiti per l’indagato. Ma servono davvero questi provvedimenti? Le denunce molto spesso non sono valutate nella loro gravità e le situazioni pericolose sono spesso sottovalutate, con il risultato che il fenomeno, invece di essere arginato è in aumento esponenziale. Spesso però, è proprio la vittima a sminuire la gravità di quello che subisce personalmente o anche con i figli. Per contro si predilige invece  la necessità di garantire la genitorialità con quella di tutelare il bambino. Ma bisogna  sempre ricordare che al di là del ruolo di genitore e dei propri diritti in quanto tale, bisogna sempre rispettare l’altro perché coinvolgere il minore nel conflitto tra i coniugi, è un gravissimo danno per i più piccoli, vittime innocenti ed inconsapevoli della incapacità di amare di “certi” genitori.

Continua a seguirci:

Scrivi un commento

Articoli che ti potrebbero interessare