Home Le nostre rubricheIl diario di Sonia Fabiola Sciabbarrasi: “Con Pino Daniele mi recrimino il non detto”

Fabiola Sciabbarrasi: “Con Pino Daniele mi recrimino il non detto”

di Sonia D'Agostino

Fabiola Sciabbarrasi è una donna affascinante e ricca di passioni, ma anche mamma affettuosa di tre splendidi ragazzi. Fabiola è stata per più di venti anni legata al cantautore Pino Daniele, scomparso prematuramente. E oggi, a Io le donne non le capisco, ci racconta il suo Pino. 

L’incontro 

“La canzone “Quando” è sempre una carezza sul cuore, mi riporta a 25 anni fa, con questo brano sono entrata a far parte del mondo di Pino Daniele. È la colonna sonora del film “Pensavo fosse amore…invece era un calesse” con Massimo Troisi, e proprio Massimo è stato il nostro Cupido, era un amico comune che ci ha fatto incontrare una sera a cena a casa sua. Ci siamo conosciuti per caso, o forse no, come avvengono le cose importanti della vita. Io non dovevo essere lì perché ero in una serata no visto che ero in fase di chiusura dal mio precedente matrimonio. È stato molto di più di un colpo di fulmine, da subito abbiamo provato un forte senso di appartenenza. Siamo rimasti amici per un paio di anni, eravamo confidenti, complici, anche su quello che erano le vicissitudini personali, sui nostri precedenti trascorsi, in quel momento entrambi ci stavamo separando dai nostri rispettivi coniugi. C’è un brano di Pino che è “amici come prima” perché l’importanza di un sentimento così forte che lega al di là di tutto, la luce dell’amicizia, dell’affetto e dell’amore poi non la spegni. Il potere solvente del tempo certe cose non le cancella” racconta Fabiola. 

La famiglia al primo posto

“Quello che noi abbiamo desiderato era che il nostro matrimonio fosse “family”, infatti non abbiamo concesso esclusive, è stato privato, avevamo invitato poche persone e solo coloro che facevano parte della nostra vita. È stata veramente una grande festa, soprattutto per i nostri figli, tant’è che c’erano 40 adulti e 80 bambini. Noi eravamo e siamo stati sinergici sin da subito, la fusione tra due persone non è mai dietro ma è sempre accanto a qualcuno, non si sta nell’ombra ma si sta nella stessa luce, la sinergia di due entità fa sì che si diventi una cosa sola. Ovvio che quello ha significato rinunciare a tante altre cose, ero una bambina quando ci siamo conosciuti, avevo 24 anni, però è stato da subito il mio postulato, una cosa giusta a prescindere. Quello che non doveva essere il superfluo ero felice di raccoglierlo e concentrarlo solo su di noi. Noi siamo stati una azienda familiare strutturata. Le nostre sinergie professionali rappresentavano qualcosa di reale anche nella vita”. 

“Pino faceva una vita molto regolare, la sequenza era: colazione con caffè e poi studio di registrazione ad oltranza. Pino si svegliava molto presto e spesso il mio risveglio erano le note musicali che venivano dallo studio. Lui era una persona in continua evoluzione, non si è mai sentito arrivato. Amava sempre dire “non sono un cantante, sono un musicista”. Facevo fatica quando dovevamo socializzare, anche le cose più normali erano straordinari, tipo un cinema. Su questo mi battevo perché volevo che lui accogliesse questa parte anche ludica, volevo che lui si aprisse al mondo che non faceva parte di quello che erano il suo protocollo, volevo che lui potesse cogliere tutta la bellezza e alla fine è accaduto” continua Fabiola. 

Il rapporto con Napoli 

“Pino ha lasciato Napoli quando era ragazzo perché per lui era un amore troppo forte, lo ha cantato, lo ha dimostrato, era nelle sue vene. Le sue origini non l’hanno mai abbandonato però gli amori così troppo forti non puoi viverli così da vicino. Lui soffriva nel non poter abbracciare la sua città come avrebbe voluto, per cui se ne è allontano solo geograficamente. Lui Napoli la cercava e la ritrovava in ogni cosa. Banalmente anche la domenica a pranzo portava la napoletanità in tavola”. 

Sliding doors 

“Quello che mi recrimino è il non esserci detti tutto nella fase finale del suo percorso terreno perché nell’ultimo anno di vita ci eravamo allontanati. C’era un’altra donna accanto a lui. In quel caso il dolore aveva narcotizzato anche la rabbia. Meglio esternare qualcosa piuttosto che sopirlo dentro, per me era talmente tutto troppo inammissibile. Me lo dico sempre, se non fosse accaduto quello che poi è accaduto, sicuramente noi ci saremmo riavvicinati. Questo l’ho cercato di sanare nello scrivere certe cose che erano rimaste sopite e non dette, scrivere contrasta il potere solvente del tempo. Tutto passa, ma certe cose non devono passare. Il libro “Resta l’amore intorno” è sempre con me, non è celebrazione ma è essenza di vita. Sarei stata più felice se ci fossimo detti quel poco che non siamo riusciti a dire. Ma sono certa che in qualche modo questa cosa gli è arrivata fino a lassù. Fabiola è da due anni che ha riacceso i motori, questo dolore è diventato forza, per cui ho ridato vita a quelli che erano i miei desideri, la mia progettualità. Da sempre mi batto per il sostegno all’infanzia in emergenza” conclude la Sciabbarrasi. 

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