Prima lo capiamo e meglio è. Davanti alla morte siamo tutti uguali. E invece c’è qualcuno che non la pensa così. Quanta gente consociamo che si atteggia solo per sottolineare la distanza? Quanta poca empatia, tipica di questi anni caratterizzati da un narcisismo assoluto?
È questo il tema su cui ci siamo, in occasione della festa di Ognissanti, interrogati questa settimana sulla nostra pagina Facebook di Io le donne non le capisco, ed è ciò di cui abbiamo discusso in studio insieme ai nostri ospiti: Marina La Rosa e Luciano Lembo.
Il componimento di Totò “La Livella” ci insegna che la morte allinea ogni differenza sociale e che con essa dobbiamo tutti fare i conti prima o poi. La superbia, il narcisismo, la vanità appagano per un po’ l’ego, ma sono assolutamente inutili, non elevano né danno una medaglia.
Quello che è emerso da questo sondaggio riguarda non solamente l’atteggiamento verso la morte, ma in generale come si pone la società riguardo alla vita. È sconvolgente notare come molti di noi si rifiutino di pensare che la vita è un percorso ad ostacoli, che ci mette alla prova, permettendoci di progredire come esseri umani, di migliorarci. Per altri, invece, si tratta di esibire con beni materiali e comportamenti, una superiorità effimera e pochezza interiore per cercare affermazione e supremazia sull’altro. La morte non viene più considerata come un evento della nostra esistenza, non ce ne occupiamo più, mentre le civiltà passate ne hanno fatto parte integrante della loro cultura. La morte e la malattia non fanno distinzioni di alcun tipo. Spesso si ha la convinzione che arroccarsi dietro un muro di noncuranza ci tenga lontano dalla realtà. Quello che spesso viene chiamato narcisismo altro non è che paura di vivere.
Marina La Rosa, orfana di padre, negli anni ha imparato a ridere e a sdrammatizzare questi momenti, “il 2 novembre è un giorno triste ma non dovrebbe esserlo. Noi in Occidente la morte la viviamo come la fine di tutto ma in Oriente è solo l’inizio. In Messico, ad esempio è un giorno di festa. In Sicilia i bambini ricevono, la notte del 2 novembre, dei doni portati dai defunti. Qualche anno fa – continua Marina – è mancata una persona per me molto importante e ho vissuto quasi un anno di non accettazione. Ho fatto fatica ad elaborare il lutto. Mi sono fatta aiutare per superare quel momento e alla fine di tutto c’è una cosa che mi fa stare bene: l’idea che quando una persona non c’è più fisicamente in realtà c’è sempre, ancora più presente di prima, perché se senti la sua presenza quella persona sta sempre con te”. La nostra cara amica La Rosa si lascia andare anche a rivelazioni molto personali come quella che riguarda la mamma che “vede e parla con le persone morte. Siamo cresciuti con lei che ogni tanto si irrigidisce e capiamo che ha visto o sentito qualche anima. L’abbiamo anche portata alla neuro per un controllo ma ci hanno detto che è sanissima. Poi alcune persone ci hanno spiegato, per chi crede in queste cose, che la sua casa è una specie di porta cioè un passaggio per le anime che lasciano questa terra”.
Anche il comico romano Luciano Lembo ha perso il papà, “oggi ne riesco a parlare ma per due anni non l’ho fatto. Sono riuscito a metabolizzare il lutto. La sua presenza oggi la vivo nei sogni, papà arriva, mi risolve la giornata e io mi sveglio felice. Nel primo anno, mi svegliavo piangendo, è stato un periodo non facile. Oggi sorrido perché chi ci dice che il sogno non è reale?”. Nel film Non ci resta che piangere Troisi ripete “ricordati che devi morire” e per Luciano “è un insegnamento che dovremmo sempre tenere in mente. Siamo purtroppo vivi. Come diceva Sant’ Agostino forse la vita vera è quella, questa che stiamo vivendo è la morte. In realtà è tutto il contrario ma noi siamo troppo attaccati a questo corpo. La distanza che noi mettiamo con gli altri non è altro che distanza da noi stessi”.